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Psicoeducazione per i familiari nel Disturbo Ossessivo Compulsivo


Comportamenti di rassicurazione disfunzionali nei familiari dei pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)

Disturbo Ossessivo Compulsivo: il ruolo dei familiari

L’intervento psicoterapeutico nel Disturbo Ossessivo Compulsivo (v. articolo DOC) prevede generalmente un’attiva collaborazione da parte dei familiari del paziente, in quanto è necessario che quanti vivono a stretto contatto con chi ha intrapreso un percorso finalizzato a superare il disturbo siano adeguatamente informati sul problema per poter comprendere i sintomi e soprattutto per fornire un aiuto alla persona sia durante l’esecuzione dei ‘compiti a casa’, elemento centrale della psicoterapia cognitiva, sia durante la fase di prevenzione delle ricadute.
Per tale motivo, soprattutto in determinate tipologie di disturbo ossessivo compulsivo quali ossessioni di contaminazione e di ossessioni di controllo, risulta utile la partecipazione dei familiari ad alcuni colloqui psicoterapeutici.

Alcuni aspetti importanti esaminati nei colloqui a cui partecipano i familiari riguardano i giudizi di questi ultimi sui comportamenti problematici del paziente, considerati erroneamente come “un difetto caratteriale” della persona o come qualcosa che la persona potrebbe interrompere “solo con la propria forza di volontà”.
Viceversa è necessario riconoscere che gli incomprensibili rituali di pulizia, di controllo, etc. attuati dalla persona costituiscono i sintomi caratteristici di un disturbo psicologico che può raggiungere un’intensità molto grave, ed il cui meccanismo di mantenimento necessita di essere compreso e gradualmente interrotto.

Inoltre, generalmente i familiari sono loro malgrado coinvolti nei rituali di chi soffre di disturbo ossessivo compulsivo, ritrovandosi ‘obbligati’ a fornire l’ennesima conferma o rassicurazione, oppure ad evitare di entrare in casa con gli abiti percepiti dal paziente come infestati dai germi provenienti dall’ambiente esterno, etc.

Alcuni autori (Van Noppen, Rasmussen, Eisen et al., 1991) hanno collocato le tipologie di reazione emotiva dei familiari di fronte alla sintomatologia ossessivo-compulsiva all’interno di un continuum che si estende dall’estremo atteggiamento accondiscendente fino all’estrema opposizione.

Le famiglie accondiscendenti tendono a partecipare alla sintomatologia del paziente, a ‘tollerarla’ loro malgrado, accogliendo e soddisfando le richieste indotte dalle crisi ossessive, al fine di alleviare o prevenire l’ansia del proprio congiunto, di proteggerlo dal malessere emotivo provato, di ridurre il tempo che egli trascorre nell’esecuzione dei rituali e le conseguenze negative (es. ritardi nell’arrivare a lavoro, a scuola, etc.) di ciò.
Dalle ricerche realizzate su tale argomento emerge come una grande percentuale dei familiari conviventi, tra l’80% e il 90%, partecipa direttamente ai comportamenti patologici del paziente.

Viceversa le famiglie oppositive si mostrano estremamente critiche, severe e ostili nei confronti del paziente e della sintomatologia, disprezzando, deridendo, umiliando il paziente per il suo disturbo, fino ad attivare alla violenza fisica.
In altri casi si rileva una reazione “mista”, ovvero all’interno della stessa famiglia alcuni membri (es. madre) risultano accondiscendenti mentre altri (es. padre) appaiono marcatamente oppositivi, oppure il medesimo familiare oscilla tra le due modalità di reazione emotiva in momenti diversi.

Sia nel caso dell’accondiscendenza che nel caso dell’ostilità, l’intenzione dei familiari è quella di aiutare la persona affetta da Disturbo Ossessivo Compulsivo a liberarsi dalle rimuginazioni ossessive e dall’ansia, rassicurandola pazientemente oppure ‘scuotendola’ vigorosamente.
Tuttavia, in entrambi i casi, gli effetti di tali reazioni dei familiari sulla sintomatologia risultano essere gravemente controproducenti, contribuendo al mantenimento o all’esacerbazione dei sintomi.

Al fine di riuscire ad aiutare in modo maggiormente efficace la persona affetta da DOC, viceversa, è necessario che i familiari siano precisamente informati sulle graduali modificazioni dei rituali stabilite tra il paziente e lo psicoterapeuta, e che collaborino procedendo parallelamente alla direzione indicata, ad esempio rifiutandosi di partecipare a determinate compulsioni bensì incoraggiando ed aiutando la persona a distrarsi ed a superare la momentanea reazione di ansia provocata dalla mancata esecuzione dei rituali abitudinari imposti dal disturbo ossessivo compulsivo.

AUTORE: Dott.ssa M. Gaudio – Psicologa Psicoterapeuta
sedi: Mirano (Venezia) – Padova

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Dott.ssa M. Gaudio

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Le persone pensano ed agiscono sulla base dei significati che gli eventi hanno per loro, pur non avendo sempre consapevolezza di ciò che fa emergere questi significati

A. Salvini, 1998

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